La Chiesa di Milano ha pubblicato le linee guida per la tutela dei minori. Indicazioni concrete per la prevenzione e il contrasto degli abusi
Livia Pomodoro, già presidente del Tribunale di Milano, è il referente diocesano per la Tutela dei minori designato dall'arcivescovo di Milano Mario Delpini per il triennio 2019-2022. L'istituzione di questo nuovo incarico e la nomina di Pomodoro fanno parte «di un articolato percorso nel quale si inserisce anche la pubblicazione del documento Formazione e prevenzione. Linee guida per la tutela dei minori elaborato nei mesi scorsi dalla Commissione diocesana per la Tutela dei minori, istituita in febbraio dall'arcivescovo Delpini», rende noto un comunicato della Chiesa ambrosiana, nel quale si annuncia come il documento sia stato «inviato personalmente a tutti i sacerdoti e i diaconi dell'arcidiocesi e ha come destinatari quanti a vario titolo sono impegnati nell'attività educativa, così da favorire una più vasta e capillare sensibilità sul drammatico e intollerabile fenomeno degli abusi».

È «immorale» non «l’uso» ma anche «il possesso» delle armi nucleari. Dal Memoriale della Pace a Hiroshima — il luogo che insieme a Nagasaki continua a inquietare la coscienza del mondo come perenne monito contro la follia della guerra atomica — il Papa ha parlato al Giappone e a tutta l’umanità per ricordare che «la vera pace può essere solo una pace disarmata». Domenica 24 novembre il viaggio di Francesco ha vissuto la sua giornata più intensa nei luoghi dove ancora oggi «l’abisso del silenzio» continua a far riecheggiare «il grido di coloro che non sono più». Nelle due città giapponesi bombardate nel 1945 il Pontefice ha reso omaggio alle «vittime innocenti di tanta violenza», ma non ha voluto dimenticare un’altra tragedia che ha lasciato un segno nel cuore del Paese: il disastro di Fukushima avvenuto otto anni fa. E incontrando a Tokyo alcuni dei superstiti, ha fatto appello alla comunità internazionale perché compia scelte coraggiose sulle future fonti di energia.

Le storie belle vanno raccontate, le buone notizie non vanno taciute. Non è banale. Altrimenti l’odio sale sui tetti e grida, si prende le praterie della narrazione lasciate sguarnite e invade i social e molti media tradizionali con i messaggi degli haters, gli odiatori, e con la propaganda persino disumana. È purtroppo breve il passo dai discorsi odiosi agli atti di antisemitismo, di razzismo, di discriminazione e persecuzione verso i diversi e i deboli.

A Milano, pochi giorni fa, il 19 novembre, un video ha fatto capire che questo Paese, la sua società civile e le sue istituzioni sono capaci di compiere autentici miracoli di inclusione e integrazione che sconvolgono gli stereotipi. In questo caso, il 'miracolo' è stato dare lavoro, casa e istruzione, ovvero dignità umana, a 70 famiglie di rom romeni, cittadini europei come noi. Le stesse persone, per giunta, che dieci anni fa sempre a Milano erano state sgomberate per l’ennesima volta da una ex centrale Enel in via Rubattino, periferia est. Avevano perso tutto: poche stoviglie, i libri e i quaderni dei bambini e i giocattoli. Era stato uno sgombero durissimo. All’alba, con tanto di agenti in assetto anti-sommossa e ruspe che spianavano tutto quel che trovavano e i bimbi spaventati. Sembrava che Milano volesse tracciare un solco definitivo, oltre il quale respingere quelle persone, circa 200, più di 50 bambini almeno 40 dei quali inseriti nelle scuole del quartiere.

Il lancio di agenzia, già di per sé tale da apparire a molti marginale, sembra che già sia stato corretto: il sindaco di Vesoul, piccolo centro nell’Est della Francia, ha dichiarato infondata la notizia secondo la quale la richiesta di un’anziana suora cattolica di essere accolta in una casa comunale di riposo sarebbe stata respinta, a causa del velo e dell’abito religioso che la suora non intendeva rinunciare a indossare. Velo e abito che sarebbero stati interpretati dalla commissione incaricata di gestire l’accoglienza nella casa come una mancanza di rispetto della "laicità" francese, che proibisce di ostentare in pubblico la propria appartenenza a una qualsiasi comunità religiosa.

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Si dice che con il 1989 sono finite le ideologie. Ma non è così. Siamo pieni di ideologie. Il sovranismo è la controideologia del cosmopolitismo. Il populismo è la controideologia dell’elitismo. Il fondamentalismo è la controideologia del nichilismo. Ci troviamo di fronte a un movimento storico reattivo rispetto a un modello socio-economico che con la crisi del 2008 ha mostrato tutti i suoi limiti. Un modello che non solo non si può più aggiustare, ma che non è poi nemmeno troppo desiderabile.

In genere gli ultimi a riconoscere che un mondo non si regge più sono le classi dirigenti, fatalmente lontane dalla realtà. E così rischia di accadere oggi. Occorre cambiare paradigma. Evitando di essere gli ultimi difensori di un modello in via di disgregazione. E questa lunga crisi ci consegna almeno tre lezioni.

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