Una croce dorata sovrasta l’ingresso a Xishiku. In fondo al viale le guglie neogotiche della Cattedrale del Nord fanno capolino dai pini. È una luminosa mattina d’inverno alla 'Notre-Dame' di Pechino e un via vai di famiglie e passeggini spinti da nonne premurose attraversano la calma domenicale lasciando alle spalle l’avveniristica urbanità pechinese. Ovviamente in questi giorni il 'clima' è mutato a causa dell’emergenza rappresentata dal coronavirus, ma questo non incide sulle dinamiche religiose e sul rapporto delle persone con la fede. Qualcuno s’attarda davanti all’edicola che espone gli orìgami di carta fatti delle suore prima che il fiume di fedeli all’uscita della prima Messa invada il viale.

Caro direttore, la situazione ambientale Cdel Pianeta è sempre più grave (gli orrendi fuochi in Australia e altrove ne sono una riprova) e i governi del mondo sempre più incapaci a trovare soluzioni.Il fallimento della Cop25 di Madrid, che ha visto coinvolti tutti i governi del mondo per oltre due settimane dello scorso dicembre, è un brutto segnale per l’umanità. Ha vinto il petrolio, ha vinto il carbone! Ha perso la Politica: i governi sono prigionieri dei poteri economico- finanziari. La colpa è soprattutto degli Usa di Trump, del Brasile di Bolsonaro, dell’Australia di Morrison: è la vittoria del sovranismo ambientale.

Pagheremo tutti, in un modo o nell’altro. Pagheremo tutti questo divorzio, a cominciare dal Regno Unito, il cui pedaggio per mancata crescita economica provocata dalla Brexit raggiungerà secondo stime prudenti i 200 miliardi di sterline: curiosamente, la stessa somma che Londra ha versato all’Europa dal momento del suo ingresso nella Cee nel 1973 a oggi.

Pagheremo l’uscita dal continente di una nazione da sempre riottosa e orgogliosa, troppo orgogliosa della propria eccezionalità, che ha rifiutato moneta, regole finanziarie, normative che si armonizzassero con il resto d’Europa forte di quegli opt out che le consentivano restare dentro rimanendone in parte fuori, di beneficiare dello status di Paese membro salvo poi reclamare la propria estraneità secondo convenienza.

Le notizie sulla diffusione del coronavirus stanno scatenando un inquietante effetto collaterale, in Italia e in altri Paesi: la ripulsa nei confronti di persone di origine cinese e a volte di altri asiatici, la sinofobia. La paura che gli stranieri (specie se poveri) diffondano malattie è antica e radicata. Ne abbiamo avuto recenti prove nel caso degli sbarchi di persone di origine africana, da alcuni additate come portatrici di Ebola, da molti altri tenuti alla lontana per presunti “rischi sanitari”. Ma non c’è stata notizia di vere o presunte epidemie che non abbia sollevato la richiesta di chiusura delle frontiere verso rifugiati e immigrati dal Sud del mondo.

In termini generali, le ricerche sull’argomento, come quelle condotte dalla Società italiana di medicina delle migrazioni (Simm), segnalano invece che i migranti sono selezionati alla partenza da un punto di vista sanitario: ben raramente famiglie e comunità investono i propri risparmi o s’indebitano per far partire persone malate. Si forma così un effetto definito dagli studiosi “migrante sano”. Sono semmai le condizioni di lavoro e di vita dopo l’arrivo a intaccare la salute degli immigrati.

Può essere migliore un mondo senza umanità o che considera la nascita una minaccia? Se, fortunatamente, molto limitati sono i gruppi che auspicano l’estinzione della nostra specie per salvare la Terra, più diffusa è l’idea che avere figli sia una scelta egoistica che mette a repentaglio il rapporto tra popolazione, risorse e ambiente.

Si tratta di un tema che ha vissuto in passato momenti di confronto molto acceso, sotto l’influsso delle tesi neomalthusiane, e che in modo ricorrente torna a presentarsi. In questi tempi di benvenuta forte sensibilità verso il cambiamento climatico ecco riemergere la convinzione che si debba “buttar via il bambino con l’acqua sporca”, ovvero che il miglior contributo per ridurre l’inquinamento sia evitare alle nuove generazioni di nascere. Ma con la stessa logica si può, magari, pensare di ridurre anche la disoccupazione giovanile, le stragi del sabato sera, il bullismo nelle scuole, e così via.

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