Nella vita di ogni uomo c’è una lotta «crudele ma bella», dice il Papa al termine di un discorso, tutto improvvisato, alla comunità delle Carmelitane Scalze di Antananarivo. Ed è bella questa lotta crudele che dura per tutta la vita di una persona perché, «quando è vera, non si perde la pace».

In quest’oasi nel centro della capitale del Madagascar, parlando alle religiose contemplative, il Papa ha evitato di leggere il discorso preparato e ha voluto parlare di pace, di lotta interiore e di discernimento (una parola che non ha pronunciato ma è il tema fondamentale del discorso) e lo ha voluto fare mettendosi a nudo, raccontando una storia, che è dell’800 ma è anche la sua, la nostra, la storia di queste suore di clausura che forse, magari senza saperlo, salvano il mondo.

La storia che il Papa ha raccontato con grande sapienza narrativa, facendo ridere e commuovendo l’uditorio, vede al centro una figura che gli è molto cara, santa Teresina di Lisieux.

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La cultura di un popolo parte dalle parole con cui la racconti, dai contenuti che la abitano. Perché il sole è sole dappertutto, ma quello del deserto scalda di più, e l’idea di futuro in un Paese appena uscito dalla guerra è diversa dal dibattito sulla crescita economica in una democrazia stabile. Il ragionamento vale anche per il concetto di politica. Che può vuol dire etica della responsabilità, impegno per il bene comune, visione di insieme al servizio della comunità. O viceversa utilizzo privato del patrimonio collettivo, puro esercizio di potere, disprezzo delle regole o loro manipolazione in nome di una quantomeno curiosa per non dire infìda idea di popolo. In Italia, forse da sempre, ma particolarmente dopo Mani Pulite, per tanti "Parlamento" è diventato sinonimo di sporcizia, di corruzione, di "mangiatoia". Così gli accordi tra i partiti, su cui si fonda l’esercizio della democrazia, vengono relegati a "inciuci", i cambi di maggioranza diventano "golpe", i seggi, gli scranni parlamentari e governativi sono "poltrone". E di quelle comode, con i braccioli grandi, da cui chiamare con un cenno del capo il cameriere perché ti porti un cocktail.

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Guardare l’Africa. Attirare l’attenzione verso questo continente nel suo insieme, sulla promessa che rappresenta, sulle sue speranze, le sue lotte e le sue conquiste per uno sviluppo umano integrale, un’equa distribuzione delle risorse e una cultura di pace che inviti a prendersi cura della nostra casa comune. È quello che papa Francesco ha inteso e intende fare anche con questo suo secondo viaggio in tre Paesi dell’Africa sub-sahariana. È quello che in molti non fanno. E non intendono fare. Perché non è comodo. Preferendo sfruttarla, l’Africa. Schiavizzarla, incendiarla e depredarla. Anche se continuare a saccheggiarla ci ripresenta sempre il conto. Salato. In termini umani, politici, sociali e ambientali. Che è proprio quello che ritorna a noi, duri ancora a comprendere che siamo tutti sulla stessa barca.

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L'arcivescovo di Bologna al seminario di Mcl a Senigallia riprende l'analisi di Costalli: la vera minaccia è la delegittimazione dei corpi intermedi. Associazioni e movimenti devono mettersi in gioco   

I cattolici sono meno divisi di un tempo in politica e a ricompattarli è l’insofferenza per populisti e sovranisti. Parola di don Matteo: «I populismi seminano il sospetto e creano una post-verità in cui tutto sembra uguale ed invece non lo è. Semplificano la realtà dell’economia, delle famiglie, della povertà, che invece è complessa. Ridicolizzano le istituzioni e conducono al plebiscitarismo…» L’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi - che i fedeli chiamano "don Matteo" da quand’era parroco in Trastevere, prima di diventare vescovo ausiliare di Roma - tra qualche settimana sarà creato cardinale e nella sua prima uscita pubblica dopo la nomina ha descritto l’associazionismo cattolico come una rete alternativa al populismo e al sovranismo.

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Sta per concludersi l’estate più infuocata di sempre. Luglio 2019 sarà ricordato come il mese più caldo della storia. Abbiamo presente. Incendi impressionanti hanno annerito superfici vaste della Groenlandia e dell’Alaska. Non si era mai visto prima che le vampe di fuoco infiammassero le vette più alte delle montagne, e il Circolo Artico.

I roghi della Siberia hanno innalzato nuvole di fumo più estese della superficie di tutta l’Unione Europea. Il fuoco ha reso rovente il cuore verde dell’Africa. Furiosi incendi hanno investito anche l’Europa, le isole della Grecia e la Francia, ma non solo.

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