Domenica 5 Aprile, Domenica delle Palme, tutti i fedeli della Diocesi di Milano, stando riuniti in casa con i propri familiari, si sono uniti in preghiera con l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, che dal Duomo, ha presieduto la celebrazione eucaristica.

Di seguito pubblichiamo l'omelia di Mons Delpini

LO SPRECO DEL PURO NARDO!

 

“Abbà Antonio, aiutami! – chiedeva il giovane Gregorio che era giunto presso l’eremo del santo padre Antonio – ho provato tutto nella vita e non ho trovato niente.

Ho provato il piacere dell’amore, il fremito della passione, ma l’amore è finito e la passione mi ha lasciato più vuoto di prima.

Ho provato l’ebbrezza del potere e l’orgoglio di avere servitori che obbedissero ai miei ordini. Ma poi mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: che meschinità!

Ho provato l’abbondanza del denaro che può comprare tutto. Ma mi sono accorto che la gioia di vivere non si compra da nessuna parte.

Abbà Antonio, che cosa devo fare? Devo ritirarmi anch’io in questo deserto?”.

Ma il santo padre Antonio rispose al giovane deluso e smarrito: “Se stai male con te stesso, non starai bene andando altrove. Ecco che cosa dicono le Scritture: tieni fisso lo sguardo su Gesù! Quando non sai dove andare, tieni fisso lo sguardo su Gesù; Egli è la via. Quanto non sai per che cosa vivere, tieni fisso lo sguardo su Gesù; Egli è la vita. Se non sai come intendere il momento che vivi, tieni fisso lo sguardo su Gesù; Egli è la verità!”.

E il giovane Gregorio se ne partì pensoso. Aveva cercato risposte, forse aveva perso tempo. Forse aveva trovato una via.

 

*** *** *** 

Il santo padre Macario si confidava un giorno con Abbà Antonio: “Ecco, non posso fare più niente. Non ho più forza per lavorare la terra. Le mie mani sono malferme, non posso più curare le ferite e le piaghe dei fratelli. I miei occhi affaticati non possono leggere le parole sante. Dimmi, Abbà Antonio, a che cosa può servire la mia vita?”.

Abbà Antonio si commosse della confessione del santo padre Macario e lo consolò: “Padre Macario, non affliggerti. Tu piuttosto siediti a mensa e sorridi, siedi all’ingresso della tua cella e sorridi, passeggia tra i campi e sorridi.

2 Ecco che cosa puoi fare: irradiare la gioia e donare la pace. La gioia è come il profumo di puro nardo: rende amabile l’umanità e desiderabile abitare la terra!”. Non so quanto ancora visse il santo padre Macario, ma dicono che la sua cella sorrida ancora.

 

*** *** ***

Il monaco Agatone fremeva di impazienza. In città infuriava l’epidemia e in lui ardeva il desiderio di correre là per dare aiuto.

Si consultò con Abbà Antonio: “Abbà Antonio, c’è bisogno di aiuto là dove infuria il morbo e troppi sono contagiati. Devo correre in città! Subito, subito!”.

Abbà Antonio rispose: “Quello che hai nel cuore è una santa ispirazione, ma prima scava un pozzo”. Il monaco Agatone era impaziente, ma obbediente. Con grande energia scavò un pozzo e ne venne acqua abbondante e buona.

Tornò quindi da Abbà Antonio: “Abbà Antonio, c’è bisogno di aiuto là dove infuria il morbo e troppi sono contagiati. Devo correre in città! Subito, subito!”.

Abbà Antonio rispose: “Quello che hai nel cuore è una santa ispirazione, ma prima semina il grano”. Il monaco Agatone era impaziente e fremeva, ma era anche obbediente. In tutta fretta seminò il campo di grano”.

Tornò quindi da Abbà Antonio: “Abbà Antonio, c’è bisogno di aiuto là dove infuria il morbo e troppi sono contagiati. Devo correre in città! Subito, subito!”.

Abbà Antonio ripose: “Quello che hai nel cuore è una santa ispirazione, ma prima raccogli in un libro le parole sapienti dei santi monaci”.

Il monaco Agatone era impaziente e fremeva ed era esasperato, ma anche obbediente. Scrivendo giorno e notte portò a compimento l’impresa.

Tornò quindi da Abbà Antonio: “Abbà Antonio, c’è bisogno di aiuto là dove infuria il morbo e troppi sono contagiati. Devo correre in città! Subito, subito!”.

Allora Abbà Antonio rispose: “Quello che hai nel cuore è una santa ispirazione. Parti subito. C’è bisogno di te. In fretta, in fretta!”.

Non si sa più nulla del monaco Agatone. Quello che si sa è che ancora adesso, dopo molti e molti anni, i monaci si dissetano all’acqua del pozzo, ogni anno raccolgono grano nel campo seminato e continuano a meditare le parole dei santi monaci.

 

*** *** ***

 

Forse anche così si prepara la Pasqua, questa Pasqua: versando profumo di nardo che riempie tutta la casa. L’attenzione che tiene fisso lo sguardo su Gesù, come quella di Maria di Betania, versa il puro nardo di grande valore. Anche la semplicità di chi non può fare niente e si limita a irradiare la gioia, versa il puro nardo di grande valore. Anche il tempo dedicato a preparare il futuro nella frenesia del pronto soccorso nulla sottrae ai poveri e invece versa il puro nardo di grande valore.

 

Carissimi fratelli e sorelle, presbiteri e diaconi, consacrate e consacrati, “la Pasqua verrà” ci ha ricordato l’Arcivescovo nel suo messaggio di vicinanza e incoraggiamento all’inizio di questo tempo imprevisto, difficile, drammatico ma vissuto da molte persone con dedizione, coraggio, creatività e resistenza.

La Pasqua verrà!

Questa certezza è un faro e ci impone di portare tutti insieme le fatiche e le angosce di coloro che vivono “in prima linea” questo momento di emergenza: i tanti malati, soprattutto coloro per i quali la Pasqua sta avvenendo o è già avvenuta, nella solitudine di una camera sterile; gli operatori del mondo sanitario, a cui va la nostra gratitudine e il nostro incoraggiamento, per la dedizione e lo stile vocazionale con cui vivono il loro lavoro in questo tempo così particolare; le tante persone che vivono con fatica questa condizione di restrizione e clausura imposta, che va a sommarsi ad altri impedimenti e motivi di fatica (pensiamo in particolare ai nostri anziani, a quelli ricoverati in residenze e strutture sanitarie).

La Pasqua verrà anche nella celebrazione della Chiesa universale, in comunione con Papa Francesco che ci sta confermando nella fede; in comunione con tutte le Chiese particolari che vivono in contesti di persecuzione, di guerra, di carestia, di insignificanza.

La Pasqua verrà anche nelle nostre celebrazioni che quest’anno avranno un andamento straordinariamente diverso dalla nostra bella e gloriosa tradizione, diverso da quanto già avevamo programmato e sognato di vivere insieme ... In queste settimane abbiamo già sperimentato il conforto e l’aiuto che ci hanno fornito i mezzi, antichi e nuovi, di comunicazione sociale ... Anche in questo modo abbiamo custodito nel cuore quella “voglia di comunità” e soprattutto quel desiderio di celebrazione eucaristica domenicale, di cui tutti avvertiamo la mancanza. Vorremmo perciò vivere i giorni della “settimana santa” e in particolare del Triduo Pasquale esprimendo nello stesso tempo il legame con il Vescovo e con il presbiterio delle nostre Comunità Pastorali, e il legame “domestico” della famiglia, delle piccole comunità di vicinato; ed anche il legame fraterno con chi è ammalato e solo: ciascuno e ciascuna famiglia, soggetti responsabili della celebrazione del mistero pasquale in un’intimità domestica che respira secondo il cuore di Dio. Oltremodo prezioso sarà, proprio nella “settimana santa”, esortare a questa responsabilità le famiglie dei ragazzi dell’iniziazione cristiana. Per quanto detto, a significare la bellezza ecclesiale della preghiera domestica, il sussidio che verrà approntato per ciascuna celebrazione prevederà anche l’ascolto della parola del Vescovo. Scopriamo con stupore che il Signore è vivo e all’opera in mezzo a noi con il suo Spirito che crea comunione, perdono, carità, giustizia, fraternità. Accorgiamoci che sappiamo “addirittura” affrontare questo nostro inaspettato cambiamento d’epoca, moltiplicando risorse, intelligenza, operosa carità e imprenditorialità. Riconosciamoci capaci di ascoltare il grido di dolore di tanti fratelli e sorelle ammalati che in questi giorni stanno combattendo contro questa epidemia, ed anche quello di coloro che hanno perduto i loro cari e cercano consolazione e giustizia: il Signore accolga nella pace coloro che hanno concluso la loro esistenza terrena. Continuiamo con fiducia il nostro pellegrinaggio verso la Gerusalemme celeste, magari camminando più lentamente, ma insieme. 

Mons Franco Agnesi, Vicario generale Diocesi di Milano

GLI APPUNTAMENTI DIOCESANI

L’Arcivescovo celebra la Settimana Autentica ed il Triduo Pasquale in Cattedrale.

Per offrire ai fedeli la possibilità di unirsi in preghiera, le celebrazioni liturgiche saranno trasmesse in diretta su Chiesa Tv (can. 195 d.t.), www.chiesadimilano.it, Radio Marconi, Radio Mater e sul canale YouTube chiesadimilano.it

Gli orari delle celebrazioni sono i seguenti:

- Domenica 5 Aprile : Domenica delle Palme ore 11.00;

- Giovedì 9 Aprile:  Messa nella cena del Signore ore 17.30;

- Venerdì 10 Aprile: Celebrazione della Passione del Signore ore 15.00;

- Sabato 11 Aprile: Veglia Pasquale ore 21.00;

- Domenica 12 Aprile: PASQUA DI RESURREZIONE ore 11.00.

Per la celebrazione domestica del mistero pasquale. Il Servizio per la Pastorale Liturgica prepara e diffonde attraverso il Portale www.chiesadimilano.it una sussidiazione per la celebrazione nelle case della Domenica delle Palme, del Giovedì santo, del Venerdì santo, della Veglia Pasquale e della Domenica di Pasqua. L’emergenza di questi giorni può rappresentare l’occasione per apprendere uno stile di preghiera in famiglia, tra genitori e figli, sperimentando la responsabilità battesimale nella gioia di essere “chiesa domestica”.

Il pomeriggio di Venerdì 27 Aprile si è svolto in San Pietro un momento di straordinaria intensità e di portata storica: di fronte ad una piazza completamente vuota, Papa Francesco ha guidato un momento di preghiera per tutto il mondo che sta attraversando il dramma della pandemia. Crediamo che la riflessione proposta dal Papa sia un testo importantissimo per cercare di vivere il momento presente, comprendere cosa ci stia insegnando e e per declinare i cambiamenti sostanziali che dovremo costruire guardando al futuro.

Vi proponiamo la lettura del testo completo al seguente link:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Anche la preghiera di fronte al Santissimo che è seguita alla meditazione del Papa è stata molto bella, particolarmente la parte litanica. La riproponiamo nel link sottostante, suggerendone l'utilizzo nei vari momenti di preghiera personale che viviamo.

PREGHIERA STRAORDINARIA IN TEMPO DI EPIDEMIA

Domenica 29 marzo, quinta domenica di Quaresima, tutti i fedeli della Diocesi di Milano, stando riuniti in casa con i propri familiari, si sono uniti in preghiera con l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, che dal Duomo, ha presieduto la celebrazione eucaristica. La celebrazione e' stata trasmessa alle  11 in diretta sul canale 195.

Di seguito pubblichiamo l'omelia di Mons Delpini

GERMOGLI DI GIOIA !

 

Gesù voleva molto bene a Lazzaro, a Maria, a Marta, gli amici di Betania.

E una volta aveva portato in dono dei semi. Li aveva consegnati dicendo: “Sono dei semi speciali. Curateli con ogni attenzione. Vedrete spuntare fiori che non pensate”.

 Dunque li avevano presi in consegna, avevano preparato vasi con terra buona, li avevano messi nel locale più riparato dal vento freddo del nord e dal vento ardente del deserto, li curavano con ogni cura. Ma, in effetti, con scarsi risultati.

Marta, come sempre attiva ed efficiente, ogni giorno se ne prendeva cura. Innaffiava, concimava, cercava di tenere i vasi liberi da insetti e da ogni curiosità, teneva lontano anche il gatto. E cominciava a esasperarsi: “Con tutto quello che faccio non si vede spuntare niente!”. E con tutte le cure di Marta, i semi restavano come morti.

Maria ogni giorno faceva visita alla stanza riparata da ogni vento e osservava, osservava. Poi cominciava a predicare, a rimproverare, a incoraggiare: “Forza, non dovete aver paura, germogliate, vi proteggiamo da ogni pericolo! Su, non dovete essere pigri, adesso è ora di svegliarvi! Insomma siete proprio disobbedienti è vostro dovere produrre qualche cosa! Siete davvero antipatici: con tutto quello che facciamo per voi!”. E con tutte le prediche di Maria, i semi restavano come morti. Lazzaro ogni giorno dava uno sguardo alla stanza protetta da ogni minaccia. Non diceva neanche una parola, ma era impensierito. Si domandava: “Non avranno per caso preso qualche malattia? Forse i vasi non sono adatti? Forse le troppe cure di Marta, forse le troppe prediche di Maria li hanno spaventati…”. Ma con tutti i pensieri di Lazzaro, i semi restavano come morti.

 Dopo un po’ di tempo Gesù tornò a visitare gli amici di Betania e domandò: “Allora i semi che vi ho dato? Avete visto che fiori?”. Ma gli amici imbarazzati e anche un po’ arrabbiati risposero: “Altro che fiori! Non s’è visto neanche un germoglio! Sono rimasti come morti. E sì che li abbiamo curati con ogni premura!”.

 Gesù domandò: “Dove li avete messi?”. E lo portarono a vedere il locale al riparo da ogni vento, al riparo dagli insetti, dai passeri del cielo e anche dal gatto. Ma Gesù ne fu indignato e spaventato: “Ma come? Li avete messi in cantina? Come possono germogliare e fiorire? Al sole, al sole, è là che germogliano i semi, è là che fioriscono i fiori!”.

 I tre amici di Betania, tutti vergognosi, portarono i vasi sul terrazzo.

 Passò appena qualche giorno e la casa di Betania fu come trasfigurata. Erano fioriti i fiori più straordinari che mai si fossero visti.

Erano fiori che cantavano! Oh come cantavano! Cantavano con una dolcezza e intensità che, dovunque giungeva il loro canto, germogliava la gioia. Cantavano con una tale delicatezza che i bambini sorridevano nel sonno e i nonni sentivano la compagnia degli angeli. Oh, come cantavano! Cantavano con tale forza che gli scoraggiati, i disperati, gli afflitti sentivano rinascere la voglia di sorridere! Oh come cantavano! Erano fiori che coloravano la terra! Erano colori così delicati e affascinanti che rivestivano di bellezza anche gli angoli grigi della casa di Betania e tutto il paese! Che colori, che colori meravigliosi! Erano fiori che profumavano! Ah, che profumo!

Più delicato e affettuoso del nardo di Maria, non so come dire: era un profumo di pane e di amicizia. Era un profumo che convinceva a sedersi a mensa e a fare festa! Ah, che profumo!

 La storia vuole insegnare che per far sbocciare i fiori speciali che Gesù ci ha consegnato, bisogna esporli al sole. Voglio raccomandare a tutti, specialmente ai ragazzi e ai più giovani: cercate Gesù, luce del mondo! Entrate nel fuoco ardente dell’amore che viene da Dio e sbocciate! A tutti i giovani e a quelli che sono giovani dentro, voglio ripetere quello che ha gridato Gesù: “Vieni fuori! Cerca il sole, cerca il Signore! A tutti i ragazzi e i giovani e a quelli che sono giovani dentro voglio ripetere il comando di Gesù che Papa Francesco ha scelto come titolo per la Giornata Mondiale della Gioventù, che è domenica prossima: Giovane, dico a te, alzati! (Lc 7,14)

Siate fiori che cantano: irradiate la gioia perché il mondo sta morendo di tristezza!

Cantate lieti canzoni! Contrastare con il contagio della gioia il contagio del virus e di ogni male. Siate fiori che colorano la terra: svegliate la bellezza che si è assopita sotto la coltre del grigiore. Fate risplendere il bello che c’è in ogni uomo e in ogni donna.

Siate fiori che profumano: diffondere il buon profumo di Cristo, che renda desiderabile abitare insieme, sedersi a mensa e dare vita ad affetti più intensi, ad amicizie più vere.

Irradiate la gioia! Svegliate la bellezza! Diffondere profumo di pane e di amicizia!

 

Domenica 22 marzo, quarta domenica di Quaresima, tutti i fedeli della Diocesi di Milano, stando riuniti in casa con i propri familiari, si sono uniti in preghiera con l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, che dalla Chiesa dell'Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, ha presieduto la celebrazione eucaristica. La celebrazione e' stata trasmessa alle  11 in diretta su Tgr Lombardia – Rai 3 per tutto il territorio regionale.

Di seguito pubblichiamo l'omelia di Mons Delpini

Le domande e la decisione della fede

  1. Giorni di domande.

 

Dove c’è una donna, dove c’è un uomo, ci sono anche domande: è il segno che non siamo una ruota in un ingranaggio, che non siamo una comparsa insignificante in un universo senza senso. Ci sono domande.

Questo tempo, più di altri, è popolato di domande, si ripetono, si rivolgono a quelli che sanno rispondere e a quelli che rispondono senza sapere. Le domande ritornano come ossessioni, dicono lo smarrimento, la paura, il bisogno di rassicurazione, l’invocazione di una certezza in un marasma confuso.

Domande e domande: perché questa epidemia? da dove viene? Come si diffonde? Potrò guarire? Ce la farà mia mamma? Che cosa ci dice questa situazione? Quando finirà? Che sarà di noi quando finirà? Domande e domande.

 

  1. Una pagina di Vangelo piena di domande.

 

La storia drammatica di colui che era nato cieco è una storia piena di domande e aiuta a classificare le domande, a giudicarle, a interpretarle, a capire che cosa rivelano dell’animo umano.

 C’è la domanda curiosa: è lui? Non è lui? Sono quelli che vedono passare la storia e la classificano e ne discutono come se fossero in un salotto. Parlano di tutto, ma in fondo a loro non interessa niente. Vivono nel regno della chiacchiera e della banalità. Inseguono la novità, usano i punti esclamativi per segnalare il clamoroso. Poi passano oltre, come non fosse successo niente…

 C’è la domanda minacciosa: è la domanda alla quale i genitori del cieco guarito si sottraggono. È la domanda che impone una scelta: stai dalla parte del perseguitato o dalla parte del persecutore? Se ti dichiari dalla parte sbagliata, dalla parte del debole, dello sconfitto ti ritroverai anche tu sconfitto e debole. I genitori scelgono di evitare il pericolo.

 C’è la domanda maliziosa: sembra una domanda, ma è già una condanna; sembra una domanda, ma non vuole avere una risposta ma solo una conferma. È la domanda della ideologia, del potere che deve difendersi da ciò che lo mette in discussione: non vuole imparare niente da quello che avviene, ma garantire se stesso.

 

  1. La prima e l’ultima domanda

 

Ma la prima e l’ultima domanda sono le più impegnative.

 

La domanda inevitabile e sbagliata: la prima domanda è quella che tutti si fanno di fronte al soffrire: “di chi è la colpa?” perché? Perché è nato cieco? Chi ha peccato? È la domanda inevitabile, ma Gesù dice che è la domanda sbagliata. Gesù dice: se il mondo è sbagliato non chiederti chi ha sbagliato; non cercare una causa, non cercare un colpevole. Non incolpare Dio non sapendo chi altro incolpare. Non domandarti perché sia sbagliato il mondo, domandati invece se ci sia una via di salvezza, se si possa aggiustare il mondo e l’umanità.

 La domanda decisiva: l’ultima è la domanda più importante e decisiva. Tu credi nel Figlio dell’uomo? Gesù ha consentito al cieco di vedere per potergli dire: lo hai visto, è colui che parla con te. Gesù agisce perché in lui siano manifestate le opere di Dio.

L’opera di Dio non è di creare un mondo sbagliato, dove qualcuno nasce cieco, dove qualcuno muore giovane, dove incombe una disgrazia che spaventa i figli degli uomini, dove che è ricco diventa sempre più ricco e chi è povero sempre più povero, dove c’è chi può curarsi quando è malato e anche quando è sano e dove c’è che deve ammalarsi e non ha come curarsi.

L’opera di Dio non è il mondo sbagliato, ma la missione di Gesù: credi nel Figlio dell’uomo? Hai fiducia che Gesù sia la via di salvezza? Ti affidi alla sua parola per dare alla tua vita l’unico significato possibile, cioè quella di essere vocazione a vivere come il Figlio dell’uomo, cioè fare della vita un dono per ricevere in dono la vita di Dio?

 

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