La presenza di nuove chiese cristiane all’interno del nostra città: copta e rumena (ortodosse), avventiste e pentecostali (protestanti) ci spinge ad approfondire la loro conoscenza e a costruire percorsi comuni di fraternità. Come è scritto nella Carta Ecumenica (Linee guida per la crescita della collaborazione tra le Chiese in Europa) firmata a Strasburgo il 22 aprile 2001 dalla Conferenza delle Chiese europee (KEK) e dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CEEE), poi firmata il 14 aprile 2007 dalle Chiese membri del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano: “è importante riconoscere i doni spirituali delle diverse tradizioni cristiane, imparare gli uni dagli altri e accogliere i doni gli uni degli altri”.

In questa prospettiva sono stati organizzati dalla Commissione Dialogo del Decano due incontri (on line) di formazione sull’Ortodossia con il diacono Roberto Pagani, responsabile dell’Ufficio Ecumenismo e dialogo della Diocesi di Milano, rispettivamente il 3 e il 10 febbraio 2021.

 

Nella prima serata ci è stata offerta una introduzione generale sull’ortodossia.

Storia. Dal punto di vista storico, la chiesa ortodossa è un insieme di Chiese autonome, in comunione reciproca. Due sono i gruppi principali. Le Chiese ortodosse calcedoniane, cioè che hanno accettato la dottrina cristologia del Concilio di Calcedonia (451). All’interno della comunione ortodossa ogni paese può sviluppare una chiesa nazionale. Tali chiese vengono definite autocefale: eleggono il loro capo e hanno diritto all’autogoverno. Le chiese ortodosse non calcedoniane o antico-orientali, comprendono un insieme di altri culti e tradizioni. Ai quattro Patriarcati storici di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, si sono aggiunti successivamente quello di Mosca, di Romania, di Serbia e molti altri.

Dal punto di vista geografico abbiamo le chiese “bizantine”, sorte nell’Impero Bizantino, quelle del Medio oriente, la chiesa copta nata in Egitto, quella etiope, eritrea, armena, indiana. Con il crollo del muro di Berlino e la conseguente apertura delle frontiere sono arrivati in Europa occidentale molti cristiani provenienti dalle chiese dell’est.

Tre sono gli aspetti che caratterizzano l’identità ortodossa: la liturgia, il monachesimo e l’icona.

La liturgia è la parte più costitutiva dell’esperienza di fede, è il modo con cui una persona si sente parte di una comunità, specialmente in una situazione di diaspora. La chiesa diventa il luogo di aggregazione in cui vivere la propria fede nel contesto di una identità nazionale. La liturgia è improntata sullo stile monastico, ha una lunga durata e per questo viene celebrata una sola la domenica. Anche il modo di partecipazione è diverso rispetto al nostro, dove prevale lo stare fermi (in piedi/seduti) e il coinvolgimento della testa e della parola. Nelle liturgie ortodosse viene coinvolta tutta la persona, con il corpo e i sensi. In piedi, in ginocchio, segni di croce, inchini, baci all’icona, uso dell’incenso e delle candele. La liturgia viene quasi esclusivamente cantata.

Il monachesimo. Nelle chiese ortodosse i monasteri dipendono dalla diocesi in cui sono presenti, a differenza della chiesa cattolica in cui sono indipendenti. C’è un significativo legame tra i monasteri e la vita pastorale dei fedeli, che si esprime ad esempio nel fenomeno della paternità spirituale. I monasteri sono molto frequentati per colloqui spirituali e confessioni. Diffusa tra i fedeli è la pratica del digiuno, che risente di questa influenza monastica. La gerarchia ortodossa viene scelta dai monasteri.

L’icona Quando si entra nelle chiese ortodosse ci colpiscono l’iconostasi (insieme delle icone che costituisce una separazione dal presbiterio) e le varie icone, che non sono solo un elemento decorativo, ma hanno un senso teologico e liturgico.

L’iconostasi è lo strumento che permette di racchiudere l’altare, il Santo dei Santi, il luogo dove si celebrano gli uffici divini, è in qualche modo una barriera simbolica che però lascia intravedere i Misteri. Le icone sono una finestra sull’Invisibile.

È una esperienza visiva, conducendo l’attenzione sulle azioni più importanti dell’atto liturgico: gli ingressi nel presbiterio, le processioni, l’incensazione, tutto riflette la profondità della Liturgia e riconduce i fedeli nella contemplazione spirituale.

Il secondo Concilio di Nicea (787) fu convocato per deliberare sul culto delle immagini. Fu definita la teologia dell’icona come “teologia della Presenza”. Nella materia/icona  si rende presente ciò che è rappresentato. Dal momento dell’incarnazione, all’uomo è dato di vedere Dio nel volto dell’Uomo-Dio, il nostro Signore Gesù Cristo. Questo vale anche per i Santi, le cui icone indicano la loro Presenza. Una icona si può mettere in casa per lo stesso scopo. Il valore che noi diamo a un quadro religioso non è lo stesso. Potremmo dire che Dio si rende presente nell’icona come per noi nella Parola di Dio. Pur riconoscendo la Presenza di Dio nell’eucaristia, nella  chiesa ortodossa non c’è il tabernacolo.

Un altro aspetto importante è il culto delle reliquie dei santi. Esse vengono percepite come una loro “presenza nell’assenza”, il santo non abita più nelle sue spoglie mortali, ma per la benevolenza di Dio e per l’amore del Santo per l’umanità, in esse si concentra il mistero della sua presenza e da esse continuano a scorrere le grazie di Dio,  hanno quindi un valore taumaturgico.

La presenza dei cristiani ortodossi nella diocesi di Milano, ha permesso di riscoprire la presenza delle reliquie dei Santi e delle Sante conservate in alcune delle nostre chiese.

Infine, per l’ortodossia la Parola di Dio viene letta e interpretata attraverso la Patristica, l’esegesi e la teologia elaborata dai Padri della Chiesa.

Nel secondo incontro il relatore ha presentato un quadro della presenza delle varie chiese ortodosse all’interno della Diocesi evidenziando il cammino ecumenico intrapreso e le sfide che ci attendono. Viene richiamato il principio di fondo di ogni incontro con una realtà diversa, cioè vederla a partire dal punto di vista dell’altro.

Inserimento delle diverse chiese ortodosse in diocesi.

La diocesi ha messo a disposizione chiese chiuse o abbandonate stipulando contratti in comodato d’uso a breve o a lungo periodo, in cambio della manutenzione ordinaria della chiesa stessa.

La chiesa ortodossa serba si è trasferita da Milano a Carate Brianza, in uno spazio più ampio, presso il Santuario della Madonna del Carmine.

La comunità copta egiziana ha molte chiese, anche a Sesto San Giovanni (in Via Picardi) e a Cinisello Balsamo, oltre al monastero di Anba Shenuda a Lacchiarella (MI). Vengono preferibilmente utilizzati capannoni o luoghi dimessi ristrutturati e riadattati come chiesa. A Saronno, la loro presenza ha permesso di riqualificare un intero quartiere.

La comunità romena ha 14 chiese, per la maggior parte date in uso dalla diocesi. A Sesto San Giovanni la Chiesa di Santa Maria Nascente è condivisa con la comunità romena, che ha intitolato la parrocchia alla Natività della Madre di Dio, questo permette di celebrare insieme la festa dell’8 settembre.

La comunità russa ha 13 chiese. Rilevante è la presenza di fedeli proveniente dall’Ucraina, soprattutto di donne che lavorano come badanti. Avendo lasciato la famiglia, la loro permanenza non risulta stabile. Numerose sono le famiglie moldave, che parlano rumeno, sono cittadini comunitari europei,  ma dal punto di vista religioso dipendono dal Patriarcato di Mosca. A Cinisello Balsamo la chiesa di S. Margherita è condivisa con la comunità russa, che l’ha intitolata a S. Tecla. Gli spazi della canonica e dell’oratorio permettono lo svilupparsi di molte attività e iniziative. Insieme si festeggia la festa patronale. La possibilità di incontrarsi in uno spazio condiviso arricchisce reciprocamente le due comunità.

La comunità armena ha costruito una propria chiesa, anche se poco frequentata.

In generale si può affermare che sono comunità composte da famiglie con diversi figli e da giovani. Due problemi si evidenziano: disponendo principalmente dello spazio/chiesa la partecipazione dei fedeli si concentra nella celebrazione domenicale della liturgia. La distanza dei fedeli dalle chiese di riferimento implica lo spostarsi, percorrendo diversi chilometri, per raggiungere il luogo di culto. Un altro aspetto che caratterizza questa realtà ortodossa è la presenza di preti sposati. La loro formazione prevede una laurea, un periodo di lavoro e poi lo studio della teologia. Arrivati al diaconato decidono se sposarsi e dopo il matrimonio diventano preti. Il celibato è imposto ai Vescovi.

II  Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano (CCCM) è nato nel 1998, per iniziativa di alcune Chiese; è andato poi espandendosi fino ad abbracciare le 18 attualmente presenti in assemblea (Cattolica, Protestante, Evangelica, Ortodossa, Anglicana, Armena, Vetero cattolica , Esercito della Salvezza). Alla presidenza del CCCM si  avvicendano esponenti delle diverse aree confessionali.

In diocesi abbiamo la presenza di Pentecostali, che mancano nel Consiglio perché sono di fatto rifiutati dalle Chiese della Riforma, anche se l’Ufficio ha contatti con loro. A Sesto San Giovanni sono presenti comunità pentecostali ( Chiesa Sorgente di Vita in via Pisa, la Chiesa evangelica cristiana in Via Marx e la chiesa evangelica battista Betel in via Mazzini) e la chiesa Avventista. In questi ultimi anni si sono costruire relazioni fraterne con i cristiani copti e rumeni, attraverso le varie visite, le preghiere comuni, in particolare per la settimana di preghiera per l’unità. Buoni sono i rapporti della comunità copta di via Picardi con la vicina parrocchia di Maria Ausiliatrice.

Sono emerse altre questioni aperte: come vivono la loro presenza nello spazio pubblico e la trasmissione delle fede alle nuove generazioni.

Stefania Granata

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