È la libertà di scelta il terreno su cui si gioca la partita dei cosiddetti nuovi diritti, e in questo senso l’eutanasia è quello per eccellenza, perché riguarda solo chi la chiede per sé, e non altri. E se la morte on demand si realizza con il suicidio assistito, dove il medico non fa iniezioni né stacca macchinari (come avviene per l’eutanasia), ma deve solo fornire il prodotto letale da bere, la presunta libertà personale sembra ancora più evidente: io chiedo la morte e me la dò da solo. Quando, come e dove voglio. Mi basta un aiuto (anche se in realtà questo 'aiuto' comporta comunque la rimozione del principio dell’inviolabilità della vita altrui).

Ma che cosa è la libertà di scelta? Facciamo un esempio. Se vedo una persona che sta per gettarsi da una finestra al quinto piano, penso che si voglia uccidere. Ma se allargando lo sguardo vedo che dietro ci sono fumo e fiamme, allora capisco che invece vuole vivere, e pensa che la finestra sia l’unica via d’uscita: la sua è una decisione personale, ma determinata dalle circostanze, e quelle non le ha volute. Parlare di libera scelta senza considerare le circostanze è un’astrazione, perché possiamo decidere molto della nostra esistenza, ma a indirizzare le scelte sono le condizioni della vita, e quelle non le stabiliamo noi. Possiamo però lavorare per renderle più favorevoli – continuando l’esempio, dotando il palazzo di scale antincendio.

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