Con sempre maggior frequenza si parla oggi di crisi della paternità e anche della maternità, ma ritengo che nel nostro occidente si debba cogliere, alla radice di tali fenomeni, una crisi della fraternità molto attestata. Possiamo constatarla nel nostro paese dove, secondo autorevoli e puntuali letture sociologiche, sono cresciuti il rancore e la cattiveria e, attraverso la negazione di molti legami sociali, si nega la fraternità.

La fraternità come vincolo e bene essenziale alla convivenza e alla comunità, la fraternità come impegno universale è stata un’“invenzione” del cristianesimo, anche se il sentire comune la colloca all’interno della celebre triade coniata dalla rivoluzione francese: “liberté, egalité, fraternité”. Lungo i secoli, per la libertà e l’uguaglianza si è combattuto; la fraternità, invece, non ha ricevuto l’attenzione che sarebbe stata necessaria affinché libertà e uguaglianza fossero affermate con un fondamento. Esiste un diritto alla libertà e un diritto all’uguaglianza, due concetti che possono essere specificati: libertà di espressione, di movimento, uguaglianza di genere, ecc. La fraternità, invece, non ha genitivo e non può riguardare un individuo ma solo la communitas: non c’è fraternità del singolo! Per vivere la fraternità occorre sempre che ci sia l’altro e che sia affermata la relazione, la quale resta la nostra prima vocazione

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