31 Dicembre 2023, Festa della Circoncisione del Signore.

Inizia un nuovo anno e Dio solo sa quanto abbiamo bisogno che questo inizio sia sotto un segno di bellezza e di benedizione che dia qualche garanzia in più rispetto agli auguri e agli auspici che in queste ore ci scambieremo reciprocamente.
Ebbene, per noi che abbiamo la possibilità di celebrare l’inizio dell’anno all’interno di questo appuntamento che riecheggia il mistero del Natale di Gesù, questa benedizione ci viene offerta attraverso un nome, tema che ritorna in tutte le tre letture.

Nella prima lettura Dio dice a Mosè: “porrete il mio nome sui figli di Israele” e Paolo nella lettera ai Filippesi scrive che Dio donò a Gesù “un nome che è al di sopra di tutti i nomi”, mentre il Vangelo ci racconta che quel bambino dalla mangiatoia fu portato al Tempio “e gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo…”. 
Ecco, noi iniziamo l’anno in questo nome, il nome di Gesù, come se il nome di Dio si fosse pienamente svelato in Gesù di Nazaret. E si tratta di un nome di benedizione, a dire che non sapremmo che farcene di una Chiesa che usasse il nome di Dio per far balenare maledizioni. Sarebbe una Chiesa eretica se dimenticasse che “Gesù” significa “colui che salva” e dunque Dio non sarà mai “colui che punisce” o “che castiga”, ma “colui che salva”, un nome che aveva dentro un sogno, una vocazione, un destino che veniva dall’alto. Gesù – nel sogno che il Padre aveva su di lui – non avrebbe fatto altro che salvare, che chinarsi su chiunque incontrasse per rialzare, per fasciare la sua debolezza.

Ecco perché quel nome per noi è una benedizione e meglio non possiamo fare che iniziare un anno nel nome di Gesù. E che benedizione saremmo pure noi, se in qualche misura ci specchiassimo in quel nome: “venuti al mondo non per condannare, ma per salvare”. Per salvare anche coloro che solitamente diamo per perduti. Non potrebbe essere il programma di ogni nuovo anno?

E allora lasciatemi concludere con una riflessione sui pastori e su Maria. Dei pastori e di quelli che udivano è detto che “si stupivano” e ci chiediamo per che cosa questo stupore. Non certo per qualcosa di eccezionale: in quella grotta/capanna i pastori non avevano trovato né voli d’angeli, né luci miracolose. Avevano trovato una ragazzina, un neonato fatto su con le stesse fasce che usavano per i loro figli e per culla una mangiatoia, come forse succedeva per i loro piccoli. Dov’era dunque l’eccezionale che li stupiva? Forse proprio nel fatto che il Messia loro annunciato dagli angeli si manifestasse nella normalità. C’era da stupirsi, ma anche da gioire. E di Maria, quella ragazzina, è detto che “da parte sua custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. E allora che bello che una ragazzina avesse già quest’arte segreta di custodire ciò di cui la vita ci fa spettatori, ciò di cui l’anno trascorso ci ha fatto spettatori, ciò di cui il nuovo anno ci farà spettatori. Un’arte che è il contrario della superficialità. In più, si dice che Maria “custodiva … meditandole”, con un verbo che potrebbe essere tradotto con “mettendole insieme”, mettendo insieme cose che non sembrano possano proprio stare insieme: l’angelo le aveva detto che quel figlio “sarà grande … il Signore gli darà il trono di Davide suo padre”, ma la realtà che aveva davanti agli occhi era una mangiatoia per culla, invitati alla nascita gente di dubbia fama, … E così mi convinco sempre più che non è vero che Maria capisse tutto, ma piuttosto che cercava di mettere in dialogo quello che sembrava così inconciliabile.

Ecco che cosa siamo a chiedere all’inizio di un nuovo anno posto sotto il nome di Gesù, del Dio che salva: l’arte di mettere insieme, come Maria, di mettere in dialogo anche ciò che umanamente pare inconciliabile, specie in questo tempo di guerra: 

  • il desiderio di fraternità sconfessato da conflitti ed antipatie, 
  • la coscienza che nessuno si salva da solo con “l’intossicazione individualistica e idolatrica”, 
  • “i nostri interessi personali e nazionali con … la ricerca di un bene che sia davvero comune”

Con questi auspici, buon anno a tutti.

don Roberto Davanzo

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